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Outdoor education: i fondamenti dell’educazione all’aperto

Outdoor education: i fondamenti dell’educazione all’aperto

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  • Edunauta.it

  • Pubblicato il : 19/07/2024 - Aggiornato il : 14/04/2025
  • apprendimento significativo, didattica innovativa,

L’educazione outdoor, ovvero educazione in natura, si declina nel contatto con l’esperienza del reale: ogni apprendimento può essere tale solo se passa attraverso lo sperimentare, l’attuare.

Le stesse scienze, la ricerca neuroscientifica, la pedagogia, la psicologia e la biologia, concordano che ogni apprendimento è esperienziale: solo facendo esperienza di qualcosa possiamo apprenderla, cioè farla nostra.

Strettamente collegata all’apprendimento è l’attenzione, come dimostrato ancora una volta dalle neuroscienze e che, insieme all’emozione è responsabile della liberazione di neurotrasmettitori chiave (come la dopamina) che a loro volta facilitano la formazione di nuove connessioni neurali.

Quindi, scientificamente parlando, per migliorare il rendimento degli studenti, è necessario predisporre contesti d’insegnamento che accendano l’interesse e rendano l’apprendimento piacevole.

In questo articolo approfondiremo l’outdoor education o didattica all’aperto, provando a comprendere insieme quali sono i benefici emotivi, relazionali e didattici che la pedagogia dell'outdoor education si ritiene possa apportare ai bambini.

I benefici dell’outdoor education

Quali sono le dimensioni sulle quali può incidere positivamente l'educazione all'aperto, chiamata anche outdoor education?

Quando un bambino raccoglie un fiore, un sasso, una conchiglia, raccoglie proprio quel fiore, quel sasso e quella conchiglia, perché dentro a quel piccolo oggetto, scorge intuitivamente il grande mondo che vi è racchiuso.

Un adulto che svuota insieme a lui le tasche e va alla scoperta del grande mondo racchiuso in questi piccoli oggetti, è un adulto che insegna a cercare, a indagare e scoprire la bellezza racchiusa nelle piccole cose: perché il sasso ha delle striature? Come è arrivato lì? E la conchiglia? Chi la abitava prima? Ora, in cosa si sta trasformando? E la foglia? Perché è caduta? Come mai è di questi colori?

Così il mondo delle piccole cose si apre alla scoperta dell’interconnessione di ogni cosa con l’altra, alla molteplicità dei punti di vista con cui possiamo osservare un oggetto e il mondo intero.

Il grande potenziale di ciascuno può emergere grazie all’offerta di un’esperienza che mette a disposizione del bambino il mondo intero, lasciando spazio alle sue domande, stimolando la ricerca e la profondità e confutando insieme il valore scientifico delle osservazioni che emergono.

Ma non è tutto. Secondo recenti studi sulla pedagogia del rischio come quelli di Ellen Sandseter, professoressa al Queen Maud University College di Trondheim, le grandi altezze, arrampicarsi, azzuffarsi, sporcarsi, maneggiare utensili pericolosi, ecc., sono tutte esperienze che permettono ai bambini e alle bambine di crescere equilibrati.

Certo è faticoso sostenere la nostra paura, il batticuore quando si arrampica in alto, ma è il nostro mondo che ha bisogno qui di incontrare quello del bambino, per insegnargli qualcosa che, dentro la prigione delle paure dell’adulto, non imparerebbe mai: fiducia, autostima e autonomia.

Dall’ambiente siamo autonomi e dipendenti, il corpo è una libertà e un limite, un oggetto ci può proteggere o danneggiare: tutto questo i bambini e le bambine lo imparano dall’esperienza accanto ad adulti capaci di gestire il rischio.

Gestire il rischio significa lasciare che i bambini superino il loro limite, proteggendoli dal pericolo, ma lasciandoli rischiare quanto basta per ciascuno: la misura la si trova insieme.

In effetti, come ci ricorda l’accompagnatrice nel bosco Valeria nel podcast Shape che abbiamo citato prima: “Non sono temi facili da affrontare per un adulto con il suo percorso culturale, quelli dell’educazione al e con il rischio, (…)".

Da questo lavoro – si riferisce a una serie di incontri di approfondimento tra famiglie ed educatori  (N.d.A.) – sono emersi i nostri punti fermi: che il bambino è competente, per cui gli deve essere concesso un grande margine di azione libera; che l’adulto osserva e raccoglie informazioni sul processo di apprendimento per accogliere e sostenere la motivazione intrinseca; l’ambiente naturale come aula aperta dove i bisogni emotivi, ecologici, sociali possono trovare accoglienza; e infine la comunità educante, luogo per eccellenza della relazione tra bambini, adulti e territorio.”

Il mondo bambino dice: “Insegnami le regole che mi permettono di crescere, non quelle che ti permettono di stare comodo”. Questo è tanto vero quando il bambino, la bambina chiede di esplorare il proprio limite, quanto è necessario un adulto fermo laddove il rischio diventa pericolo o mancanza di rispetto verso sé, l'altro o l’ambiente.

Spesso proprio nella scuola istituzionale, ci sono una marea di regole fatte per proteggere l’adulto da ipotetiche grane con la legge, con la società, con la propria paura, regole create da adulti per altri adulti.

 

Outdoor education: attività possibili

Educare all'aria aperta significa fare scuola in modo intenzionale, strutturato e significativo, non semplicemente sostituire la didattica con momenti di svago. L’ambiente esterno diventa spazio educativo a tutti gli effetti, dove si progettano e si realizzano vere attività didattiche che intrecciano esperienza, corpo e conoscenza.

Seguendo le riflessioni di studiose come Monica Guerra, Francesca Antonacci e Cinzia D’Alessandro, l’outdoor education si configura come una pedagogia dell’esperienza, dove l’ambiente non è solo sfondo, ma co-protagonista nel processo di apprendimento.

Le attività pensate per far crescere la creatività a scuola, ma anche quelle utili a sviluppare le soft skills e life skills a scuola, possono essere svolte anche in modo coinvolgente con lezioni all’aperto, per imparare attraverso l’esperienza diretta e il contatto con l’ambiente.

Ecco alcune proposte concrete di attività didattiche all’aperto, adatte dalla scuola dell’infanzia alla scuola primaria:

  • ● il giardino educativo all’aperto può diventare un laboratorio scientifico a cielo aperto: si osservano cicli naturali, si raccolgono dati su piante, insetti, fenomeni atmosferici, si costruiscono diari di osservazione e si fanno esperimenti sul campo;
  • ● percorsi di orienteering con bussola e mappe, anche semplificati per i più piccoli, per lavorare su competenze spaziali, logico-matematiche e cooperative;
  • ● attività di storytelling ambientale, in cui a partire da un luogo o un elemento naturale, si costruiscono narrazioni collettive, si lavora sul lessico, sulla comprensione e sulla produzione scritta e orale;
  • ● mappe emotive e sensoriali, come ad esempio camminate lente per esplorare un luogo con i cinque sensi, poi rappresentarlo graficamente, verbalmente o con materiali naturali. Attività che aiuta a sviluppare soft skills come l’ascolto, la consapevolezza di sé e la capacità di lavorare in gruppo;
  • ● matematica all’aperto per misurare alberi, classificare foglie per forma e simmetria, stimare distanze, usare unità di misura naturali, dove la matematica diventa concreta e visibile;
  • ● laboratori espressivi e artistici nella natura, utilizzando materiali trovati sul posto per creare installazioni temporanee, praticando una creatività sostenibile e contestualizzata.


Per i bambini del nido e della scuola dell’infanzia, l’outdoor education favorisce lo sviluppo sensoriale, motorio e relazionale attraverso percorsi esplorativi, manipolazione di materiali naturali, giochi d’acqua e terra, e cura condivisa di spazi comuni. Ma anche nella scuola primaria, l’ambiente esterno può diventare contesto per sviluppare life skills, pensiero critico e autonomia, a partire da attività intenzionalmente progettate e connesse con il curriculum.

Outdoor education: pedagogia e didattica all’aperto in Italia

L’Italia, soprattutto negli ultimi 15 anni, ha iniziato a ricercare nei paesi del nord Europa nuovi modelli con cui declinare i propri contesti di apprendimento e ambienti scolastici, riscoprendo e riproponendo gli assi portanti di un approccio diffuso nei paesi nordici, quali:

  • ●      il piacere dell’esplorazione autonoma;
  • ●      il movimento;
  • ●      l’esperienza diretta;
  • ●      la dimensione del gioco;
  • ●      l’educazione all’aperto e in natura.


Ne sono, ad esempio, espressione concreta la
Rete nazionale delle scuole pubbliche all'aperto e un movimento dal basso di scuole parentali oppure private, che in Italia sono rappresentate dal Comitato Promotore per l’Educazione in Natura, che si propone di fare rete a livello nazionale.

Progetti educativi all'aperto: esempi di didattica outdoor

Tra gli obiettivi educativi della pedagogia attiva c’è quello di favorire la capacità di creare situazioni educative in cui le discipline didattiche come storia, geografia, matematica, siano connesse alla vita, alla natura circostante, al quartiere cittadino, alle esperienze vissute dagli allievi, in un contesto in cui i bambini e i ragazzi sono visti come soggetti attivi, cioè essere umani rispettati nei loro bisogni e sostenuti nelle loro inclinazioni.

Nei tre podcast Edunauta Famiglie Solidali, Gea Ets e Shape, ci vengono raccontati alcuni esempi di scuola all'aperto, in cui che c’è tutta una pedagogia dell’educare all’aperto che sostiene che fuori accade qualcosa di straordinario che dentro le aule non avviene.

Mamma Patrizia ci racconta, nel podcast Gea Ets: “Ho visto mia figlia crescere molto, ha sviluppato un’autonomia nelle azioni, nei pensieri. Mi sono trovata molto spesso ad ascoltare le sue parole, i suoi pensieri, quando mi raccontava cosa voleva dire per lei amare, cos’era l’acqua, la terra, …”.

Serena, mamma e insegnante, nel podcast Famiglie Solidali ci dice: “Ciascuno è portatore di un grande potenziale che non riesce a essere espresso e da bisogni che non riescono a essere visti”.

Se ci accorgiamo di questa piccola grande verità, possiamo fermarci, osservare, ascoltare e fare la differenza.


La biofilia a scuola

Il termine biofilia letteralmente significa “passione per la vita”, in senso lato “amore per la vita” (E.O. Wilson, 2002) e può essere inteso come quella capacità innata nell’uomo di sentirsi parte di un tutt’uno con la natura e con la vita stessa, sviluppando un sano rispetto e un contatto profondo con ciò di cui siamo tutti parte.

La biofilia è un sentimento che, quando educato, permette di crescere uomini e donne capaci di vedere la natura non meramente come una risorsa da sfruttare, ma come luogo da proteggere e rispettare innanzitutto.

Gli obiettivi e i progetti dell’outdoor education non sono sviluppati per rimpiazzare l’educazione tradizionale ma, sicuramente, abbiamo bisogno che questi le siano affiancati per evitare che si sviluppi nelle future generazioni quello che Richard Louv, pedagogista e scrittore statunitense, definisce nel 2005 come “deficit di natura”.

La progressiva disconnessione a cui stiamo assistendo tra le persone e il mondo naturale, ha delle implicazioni sulla nostra salute: aumenta la percentuale di persone che sviluppano depressione, ansia, obesità, allergie, diabete, ecc.

La scuola, allora, è chiamata a essere coraggiosa, perché attraverso l’educazione, possa davvero realizzarsi quanto espresso dalla Commissione mondiale sull'ambiente e lo sviluppo dell’ONU che raccomanda, nella Carta della Terra: costruire una società globale giusta, sostenibile e pacifica nel XXI secolo.

La visione etica della Carta della Terra suggerisce che la protezione dell'ambiente, i diritti umani, lo sviluppo umano equo e la pace siano interdipendenti e indivisibili. E se la scuola è il luogo in cui sviluppiamo il pensiero, è da qui che è necessario cambiare per ritrovare un contatto intimo con la natura, attraverso un’esperienza pedagogica attiva, in cui il bambino riesca a maturare e mantenere vive nel tempo la curiosità, la capacità di esplorare, di meravigliarsi, di ipotizzare, di creare nuove strade possibili.



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