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Livello di stress nelle scuole italiane: i dati e le proposte per il cambiamento

Livello di stress nelle scuole italiane: i dati e le proposte per il cambiamento

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Clima scolastico

Relazione educativa

Approcci educativi

  • Edunauta.it

  • Pubblicato il : 17/02/2025 - Aggiornato il : 14/04/2025
  • relazione docenti studenti, alleanza educativa,

Immaginiamo un’aula scolastica italiana, dove il silenzio è interrotto solo dal ticchettio dell'orologio, dal fruscio delle pagine e dalla voce dell’insegnante. Ma è una quiete salutare o una realtà preoccupante?

Forse è un silenzio che opprime il respiro, trattenendo l’ansia di molti studenti italiani. Secondo i dati pubblicati dall’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), intrecciando i report del programma per la valutazione internazionale degli studenti (PISA) e il programma per l'insegnamento e l'apprendimento internazionale (TALIS), la risposta alla domanda “Qual è il sistema scolastico più stressante al mondo?” la risposta è complessa: alcune nazioni sono frequentemente citate per l'elevato livello di stress associato ai loro sistemi educativi e, tra questi, oltre a sistemi come quelli della Corea del Sud o della Cina, troviamo proprio l'Italia, che in Europa si posiziona tra i primi posti. 

Il nostro Paese si colloca in posizioni contrastanti: al vertice per il livello di stress sui banchi di scuola, alle ultime posizioni per quanto riguarda la partecipazione dei docenti a corsi di formazione post-abilitazione (ben il 75% contro una media OCSE del 58%).

Inoltre, siamo 121 esimi nel mondo per la qualità dell’istruzione.

Il quadro che emerge è abbastanza deprimente, ma questi numeri non sono solo cifre fredde: riflettono storie reali di giovani come il protagonista di questa narrazione, il giovane Fabio (nome di fantasia), la cui situazione è emblematica di una crisi più ampia.

Questa storia mette in luce un sistema in cui gli studenti sono troppo spesso “messi sotto torchio” da un corpo docente stressato e demotivato, che purtroppo riversa il proprio malessere sugli studenti.

Quanto è stressante la scuola italiana?

Secondo lo studio Health Behaviour in School-aged Children (HBSC) condotto nel 2022 in collaborazione con l'ufficio regionale per l'Europa dell'OMS, che indaga la vita degli adolescenti in Europa, Asia centrale e Canada, si concentra su diversi aspetti delle fasce d’età comprese tra gli 11 e 17 anni, compresa la scuola, includendo anche il periodo della pandemia da Covid-19.

Tra i temi indagati in questo ambito, c’è la qualità delle relazioni che le alunne e gli alunni avvertono nei confronti degli insegnanti; nel focus sul nostro Paese “emerge come il vissuto positivo da parte di alunne e alunni cali all’aumentare dell’età.”

Tuttavia sembra che, in media, le percentuali che ritraggono un rapporto positivo siano buone e, anche se resta la dinamica decrescente in base all’età, non si evincono problematiche legate a una scarsa motivazione allo studio, anzi, il rapporto afferma che:

“Le ragazze e i ragazzi che percepiscono un rimando positivo rispetto all’opinione sulle giovani generazioni da parte degli insegnanti, dichiarino durante la pandemia meno fatica nella concentrazione, si siano annoiati di meno, si siano sentiti più motivati e abbiano affrontato le difficoltà con un livello d’ansia nettamente inferiore.”.

Allo stesso modo, indagando il rapporto con i compagni, emerge che “i rapporti sono buoni soprattutto a 11 anni e in modo inferiore nei 13enni”.

Un’altra rilevante domanda posta nella ricerca è quanti studenti soffrono di ansia per la scuola e quanto sono stressati gli studenti italiani. Il rapporto ci restituisce che:

“Oltre il 60% delle alunne e degli alunni intervistati si sente abbastanza o molto stressato dai compiti scolastici. Lo stress riguarda più i grandi dei piccoli. A 11 anni dichiarano di essere abbastanza o molto stressati il 50%, a 13 anni il 60,9%, a 15 anni il 73,6% e a 17 anni il 75,7%. Il 43% dei 17enni si dichiara molto stressato contro il 19% circa degli undicenni.”

Nella ricerca citata, emerge come “al crescere dell’età crescono ansia e sfiducia nella scuola e nel futuro. [...] I livelli di ansia e preoccupazione denunciati dal campione dei giovani dagli 11 ai 19 anni sono tali da far ritenere che la scuola sia percepita un luogo di malessere, capace per osmosi, di riflettersi nella prospettiva di un futuro incerto che toglie ogni illusione alla possibilità di realizzare i propri sogni e i propri progetti di vita.

Nei commenti di ragazze e ragazzi viene richiesta ripetutamente una maggiore attenzione al benessere relazionale a scuola, all’importanza di avere una scuola che dia spazio anche a questioni e competenze che la società attuale richiede e che tratti tematiche legate all’identità di genere.” 

Come comprendere meglio le implicazioni personali e collettive dell'ansia scolastica e della demotivazione tra gli insegnanti? Ci proveremo esplorando la storia di Fabio e quella di una prof. di scienze e le sfide specifiche che entrambi affrontano.

Questa narrazione serve come preludio a una discussione più ampia sulle possibili soluzioni a un problema che affligge non solo l’Italia, ma molti sistemi educativi in tutto il mondo.

Casi emblematici di ansia scolastica: la storia di Fabio

In una tipica aula di un Liceo Scientifico di Scienze Applicate, il giovane Fabio, un nome di fantasia per una realtà tutt'altro che immaginaria, conta i giorni che lo separano dalla fine del suo quarto anno scolastico.

Quest'anno, come i precedenti, è stato segnato da una discontinuità didattica così marcata da lasciare una traccia indelebile sulla sua esperienza educativa e su quella dei suoi compagni.

Nel corso degli ultimi tre anni e mezzo, la classe di Fabio ha visto alternarsi ben 17 professori, particolarmente nelle materie di indirizzo come scienze, matematica e fisica.

Questo turnover ha generato una costante instabilità, influenzando negativamente il rendimento degli studenti: su 28 giovani, oltre il 75% non raggiunge la sufficienza in matematica, e metà di loro è insufficiente anche in scienze e fisica.

L'inizio del quarto anno ha portato a un accorpamento di quattro sezioni in sole tre classi, ciascuna con 29 o 30 studenti, provocando sovraffollamento e un ambiente teso. In un contesto già carico, alcuni insegnanti, hanno spesso adottato atteggiamenti intimidatori e verbalmente aggressivi.

Frasi come "In classe siete troppi e non arriverete tutti in quinta" o "Alla maturità porteremo solo chi ci farà fare bella figura" sono diventate all'ordine del giorno, creando un clima di tensione e sfiducia inasprito dall’abuso dei mezzi di correzione.

L'unificazione delle classi ha anche portato a evidenti disparità di trattamento tra gli studenti, con preferenze marcate che hanno accentuato divisioni e malcontento. La mancanza di un dialogo costruttivo con la dirigenza scolastica, che si è mostrata spesso assente o poco ricettiva, ha ulteriormente complicato la situazione. Le richieste e i tentativi dei rappresentanti di classe di affrontare le problematiche didattiche sono stati regolarmente respinti con scuse superficiali come "I ragazzi non studiano".

Questa combinazione di fattori ha avuto un impatto devastante sul percorso scolastico e personale di Fabio e dei suoi compagni, minando la loro motivazione e la tranquillità necessarie per un apprendimento efficace.

La storia di Fabio è solo un esempio di come un sistema malato e non adeguatamente supportato possa fallire nel suo compito più fondamentale: formare individui non solo preparati professionalmente, ma equilibrati e consapevoli.

Ansie e pressioni anche tra i docenti: la storia di una docente di scienze

Sappiamo però che spesso anche la narrazione degli insegnanti più motivati non è da meno. Infatti, sul Corriere della Sera, Alessandro D’Avenia ci racconta un’altra storia emblematica di una docente di scienze, che riflette le difficoltà incontrate dagli insegnanti qualificati nel sistema scolastico.

Questa storia, pur non essendo unica, evidenzia in modo particolare i problemi legati alla burocrazia e alle politiche educative che influenzano negativamente la professione docente.

Questa insegnante, con un'impressionante formazione accademica in Scienze Biologiche, Teologia e Filosofia, e con esperienze didattiche che spaziano dall'università alle scuole di diverso ordine e grado, si trova di fronte a continui ostacoli burocratici.

Nonostante anni di servizio e una vasta preparazione, la docente è costretta a sottoporsi a nuovi esami, ad acquisire ulteriori crediti formativi, a dover stabilizzare la sua posizione, a causa delle recenti normative che impongono requisiti aggiuntivi per l'insegnamento, senza tenere adeguatamente conto e discriminare il reale percorso formativo e la preparazione di alcuni docenti.

I requisiti richiesti sembrano trascurare l'esperienza e le competenze già dimostrate, riducendo il tempo e l'energia disponibili per dedicarsi effettivamente all'educazione degli studenti e demotivando profondamente chi percepisce l'insegnamento come una vera vocazione. Tutto questo, acuisce il rischio di burnout degli insegnanti minandone il benessere psicofisico.

 

Come contrastare l’alto livello di stress nelle scuole italiane

La storia della professoressa di scienze, così come la vicenda di Fabio, sottolineano l'urgente necessità di riformare un sistema educativo che attualmente non valorizza adeguatamente le competenze dei suoi studenti e il merito dei suoi insegnanti.

Storie che non solo mettono in luce la frustrazione e la disillusione degli insegnanti, ma anche l'aggravarsi dell'ansia negli studenti, costretti a subire un ambiente scolastico oppressivo e disfunzionale.

È tempo di abbandonare la prassi di imporre ostacoli burocratici inutili, che non solo non migliorano la qualità dell'insegnamento, ma spesso ne compromettono l'efficacia. È fondamentale che il sistema educativo si orienti verso una politica che effettivamente sostenga chi è in prima linea: insegnanti e studenti.

Nel frattempo che il sistema politico ci riflette su, gli italiani si rimboccano le maniche e la storia si ripete: infatti, in tutta Italia, esistono già scuole e movimenti educativi che stanno facendo la differenza, agendo dal basso per trasformare il sistema.

Questi non sono eroi, ma educatori e dirigenti scolastici determinati, che lavorano ogni giorno per realizzare ciò che per molti sembra impossibile o trascurabile.

Le esperienze innovative di alcune scuole italiane

Per scoprire più da vicino le realtà rivoluzionarie di scuole italiane che raccolgono la sfida di trasformare la scuola, vi invitiamo ad ascoltare il nostro podcast Scuole che Cambiano.

Qui, raccontiamo le esperienze di istituzioni come le Scuole del Movimento Avanguardie Educative, le Scuole Senza Zaino, e le Wikischool, esempi viventi di come si può innovare l'educazione per rispondere meglio alle esigenze di tutti gli studenti.

Queste storie ci mostrano che è possibile un cambiamento concreto e positivo, e che il futuro dell'educazione in Italia può essere ricostruito dal basso, se solo si sceglie di ascoltare e valorizzare chi ogni giorno si impegna per renderlo tale.

Intervenire quando la scuola non cambia

E se la scuola non evolve, come possiamo intervenire? Di fronte a segni di ansia scolastica, sia sintomi fisici come mal di testa, nausea o mal di stomaco, sia sintomi psicologici quali pianto, attacchi di panico, perdita di interesse o una paura esagerata di sbagliare, è fondamentale non sottovalutare questi segnali.

Ecco alcune azioni concrete che possono fare la differenza:

●  valorizzazione e percezione dell’autoefficacia: è cruciale riconoscere e valorizzare i successi dei giovani, aiutandoli a vedere e celebrare i loro progressi, rinforzando così la loro autostima e il senso di efficacia personale;

● analisi delle cause: accompagnare nella lettura della situazione con un approccio oggettivo, analizzando insieme le cause dell'ansia per comprenderne le radici e lavorare su alcune semplici soluzioni concrete (cambiare scuola, ad esempio, se possibile e necessario);

●  supporto familiare e scolastico: curare il rapporto scuola famiglia, favorendo un ambiente familiare sereno e cercando il sostegno di insegnanti capaci di offrire una prospettiva che valorizzi il ragazzo, sottolineando i suoi punti di forza anziché i suoi limiti;

●  consulenza professionale: non esitare a ricorrere a un professionista che possa guidare il giovane verso il recupero del proprio benessere psicologico;

●  comprensione del contesto: aiutare i giovani a comprendere il contesto sociale in cui viviamo, uno spazio spesso troppo concentrato su performance e risultati, dove la competizione può diventare eccessiva. È essenziale insegnare loro a navigare in questo ambiente mantenendo un equilibrio personale e valorizzando la propria unicità al di fuori della mera competizione.

Piccole azioni di cura che non solo possono offrire un sollievo immediato dall'ansia, ma gettare le fondamenta per una cultura educativa che nutre e sostiene, dove ogni studente è valorizzato non solo per i risultati che raggiunge, ma come persona a tutto tondo, capace di contribuire al mondo nel suo modo unico e significativo.



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